Cenni storici
Il fondatore
Monsignor Giovanni Battista Piasentini nacque a Venezia nel 1899 e fu ordinato sacerdote dal patriarca La Fontaine nel 1924. Dal 1931 al 1940 fu rettore del collegio "Cavanis" di Possagno (TV), diretto dalla Congregazione dei PP. Cavanis, nella quale era entrato nel 1916. Il 16 febbraio 1946 fu eletto vescovo di Anagni dopo la consacrazione episcopale dal card. Adeodato Piazza. Trasferito alla diocesi di Chioggia vi fece ingresso il 30 marzo 1946. Il Vescovo volle iniziare la ricostruzione spirituale, umana e sociale della sua nuova diocesi, per richiamare a tutti il primato dei valori spirituali, della preghiera e della vita di intimità con Dio. Durante il suo episcopato diede avvio alla costruzione di numerosi edifici religiosi, sociali e ricreativi, tra cui la Casa per gli esercizi spirituali "Madonna del Divino Amore" di S. Anna, l'Istituto professionale Cavanis di Chioggia, la colonia pedemontana "Clodiensis Stella Maris", il monastero delle Clarisse di Porto Viro; inoltre provvide alle necessità delle popolazioni colpite da varie alluvioni del Po, inaugurò asili e nuove parrocchie nella diocesi, aprì a Donada il Centro di addestramento professionale. Numerose anche le manifestazioni religiose da lui indette, tra cui anche un sinodo (1959). Morì nell'agosto 1987 presso l'Istituto dei PP. Cavanis di Possagno, dove si era ritirato nel 1976 dopo le sue dimissioni per raggiunti limiti di età. Fu sepolto a Chioggia, secondo il suo desiderio, in Cattedrale, nel cui presbiterio, sulla parete nord, è stato anche eretto nel gennaio 2006 un artistico monumento in sua memoria. Fu molto amato per le sue doti, e il suo ricordo a Chioggia è ancora molto vivo.
La Chiesa
Quando i lavori di costruzione della Casa erano quasi ultimati, Mons. Giovanni Battista fece costruire la Chiesa che dedicò alla "Madonna del Divino Amore". E' il gioiello più prezioso della Casa che per se stessa è bella e ricca di valori spirituali. L'architettura è su disegno dell'ingegner Massimo Locatelli, secondo le minuziose indicazioni del Vescovo; ha un'ampia navata centrale affiancata da quattro navate più piccole di cui due sono sovrapposte alle altre. Ognuna di queste navate ha cinque archi, per distinguere altrettante cappelline. La navata centrale è unita al presbiterio da due grandi arcate trionfali che ripetono lo stile delle Basiliche romane. Al di sopra di entrambi gli archi sono descritti episodi evangelici che aiutano i fedeli alla riflessione.
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Sull'Abside si dispiega un maestoso mosaico, eseguito dal prof. Gatto di Castelfranco Veneto, celebre mosaicista, di fama nazionale. Il mosaico presenta come due grandi assi, una al centro verticale, dall'alto al basso, una da un lato all'altro in senso orizzontale. Queste due assi, sovrapposte in forma di Croce ci ricordano il mistero della nostra redenzione: frutto dell'amore di Dio (asse centrale verticale), amore che riempie di gaudio i Santi (asse orizzontale) che vi sono inclusi come in un abbraccio. In questo mistero è prefigurato anche il progetto della nostra storia perché noi siamo destinati all'assemblea dei Santi per il valore della redenzione di Gesù.
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Nell'asse verticale è raffigurata la SS.ma Trinità, protagonista di questo mistero. Infatti il Padre ha le braccia allargate in atto di donare il proprio Figlio (cfr. Gv 13,16), sospinto dall'Amore infinito, lo Spirito Santo, simboleggiato dalla colomba come fu visto dal Battista (cfr. Gv 1,32-33); le braccia allargate del Padre formano anche un segno di croce, quasi a presentare il mistero del dolore di Dio; nello stesso tempo, però indicano altre espressioni: la generosità del Padre verso di noi; l'atto di abbracciare tutti i Santi e tutta l'umanità significata da essi; il compiacimento per l'obbedienza del Figlio, come fu manifestato dopo il battesimo (cfr. Mt 3,17) e durante la trasfigurazione di Gesù (cfr. Mt 17,5).
Gesù particolarmente maestoso ha il capo aureolato di oro, contrassegnato da una Croce. Secondo uno stile bizantino, fissa con i suoi grandi occhi, dallo sguardo dolce e penetrante, coloro che lo stanno cercando e contemplando, come fece con Pietro (cfr. Gv 1,42) e con il giovane che gli aveva chiesto indicazioni per avere la vita eterna (cfr. Mc 10,21).
Il Padre è unito a Gesù da una grande cascata di raggi d'oro, a indicare la divinità del Messia. Gesù si presenta nell'atto di donare se stesso a noi: nelle mani il pane, che sta spezzando per porgercelo, e da cui sgorgano gocce di sangue, simbolo della vita immortalata per noi e dell'Eucarestia.
E' avvolto da un manto rosso, simbolo dell'umanità e del sangue versato nella sua passione e morte, costellato di stelle, simbolo della sovranità di Gesù su tutto il cielo; il Redentore è rivestito di una veste candida come la luce (cfr. Mt 17,2), simbolo della divinità e della risurrezione. L'immolazione di Gesù è resa ancor più esplicita dalla raffigurazione sottostante: sopra una sfera, figura del mondo, domina l'Agnello, profetizzato da Isaia 53,7 e indicato dal Battista; è vivente, "ritto in mezzo al trono... come immolato" (Ap 5,6a), nell'atto di prendere il libro (Ap 5,7) e sciogliere i sette sigilli, come lo vide Giovanni nell'Apocalisse. Egli, in atto di obbedienza amorosa, sta guardando il Padre che lo glorifica. Lo Spirito Santo, nella solita forma di colomba, è in atteggiamento di comunicarsi all'Agnello che offre se stesso per la vigoria "di uno spirito eterno" (Eb 9,14a).
Si noti l'abbondanza del sangue che sgorga dall'Agnello ferito al cuore in croce (cfr. Gv 19,34) e che si dilata su tutta la terra.
Nell'intenzione di Mons. Piasentini, anche il colore del marmo del pavimento avrebbe voluto indicare questa abbondanza di sangue di Cristo che arriva ovunque.
A completare la catechesi, Mons. Piasentini ha curato di far fissare nel mosaico anche incisivi brani presi dalla S. Scrittura, dalla Liturgia, da S. Agostino.
A cornice dell'Agnello è scritto: "Prendete e bevete, questo è il mio sangue" (Mt 26,27).
Gesù particolarmente maestoso ha il capo aureolato di oro, contrassegnato da una Croce. Secondo uno stile bizantino, fissa con i suoi grandi occhi, dallo sguardo dolce e penetrante, coloro che lo stanno cercando e contemplando, come fece con Pietro (cfr. Gv 1,42) e con il giovane che gli aveva chiesto indicazioni per avere la vita eterna (cfr. Mc 10,21).
Il Padre è unito a Gesù da una grande cascata di raggi d'oro, a indicare la divinità del Messia. Gesù si presenta nell'atto di donare se stesso a noi: nelle mani il pane, che sta spezzando per porgercelo, e da cui sgorgano gocce di sangue, simbolo della vita immortalata per noi e dell'Eucarestia.
E' avvolto da un manto rosso, simbolo dell'umanità e del sangue versato nella sua passione e morte, costellato di stelle, simbolo della sovranità di Gesù su tutto il cielo; il Redentore è rivestito di una veste candida come la luce (cfr. Mt 17,2), simbolo della divinità e della risurrezione. L'immolazione di Gesù è resa ancor più esplicita dalla raffigurazione sottostante: sopra una sfera, figura del mondo, domina l'Agnello, profetizzato da Isaia 53,7 e indicato dal Battista; è vivente, "ritto in mezzo al trono... come immolato" (Ap 5,6a), nell'atto di prendere il libro (Ap 5,7) e sciogliere i sette sigilli, come lo vide Giovanni nell'Apocalisse. Egli, in atto di obbedienza amorosa, sta guardando il Padre che lo glorifica. Lo Spirito Santo, nella solita forma di colomba, è in atteggiamento di comunicarsi all'Agnello che offre se stesso per la vigoria "di uno spirito eterno" (Eb 9,14a).
Si noti l'abbondanza del sangue che sgorga dall'Agnello ferito al cuore in croce (cfr. Gv 19,34) e che si dilata su tutta la terra.
Nell'intenzione di Mons. Piasentini, anche il colore del marmo del pavimento avrebbe voluto indicare questa abbondanza di sangue di Cristo che arriva ovunque.
A completare la catechesi, Mons. Piasentini ha curato di far fissare nel mosaico anche incisivi brani presi dalla S. Scrittura, dalla Liturgia, da S. Agostino.
A cornice dell'Agnello è scritto: "Prendete e bevete, questo è il mio sangue" (Mt 26,27).